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Ginecologo Vincenzo Minnella
Studio Medico Specialistico di Ostetricia e Ginecologia

ESAMI PRECONCEZIONALI

Gli esami preconcezionali hanno come obiettivo principale l’identificazione di fattori di rischio, al fine di pianificare interventi capaci di ridurre o eliminare le influenze patologiche derivanti dalla storia familiare, clinica o ostetrica della paziente.

L’anamnesi familiare va orientata a rilevare eventuali patologie ereditarie; come la Sindrome di Down o altre cromosomopatie, o di casi di patologie ascrivibili a difetti del tubo neurale (anencefalia, spina bifida, mielomeningocele), o ancora coagulopatie, distrofia muscolare, fibrosi cistica, cardiopatie congenite, ritardi mentali. Oltre all’individuazione di malattie genetiche, la consulenza preconcezionale deve mirare, altresì, all’identificazione di patologie la cui eziologia è multifattoriale (ipertensione, diabete).

L’anamnesi personale deve essere approfondita verso le malattie infettive, in particolar modo quelle che, se contratte in corso di gravidanza, possono interferire con il normale sviluppo embrio-fetale; a tal proposito è mandatorio verificare lo stato anticorpale di alcune infezioni (il complesso TORCH), promuovendo, ove necessario, le opportune vaccinazioni (ad es. per la rosolia e la varicella), corretti stili di vita e misure igieniche appropriate (per donne non immuni dalla toxoplasmosi).

Occorre indagare, inoltre, la presenza di patologie (ipertensione essenziale o cronica, diabete, patologie autoimmuni, malattie neurologiche, piastrinopenia, nefropatie, distiroidismi) che se, riscontrate, comportano il concetto di “gravidanza ad alto rischio”, la cui gestione compete a centri specializzati in Medicina materno-fetale. La storia ostetrica della paziente costituisce il terzo aspetto da indagare. Occorre verificare l’evolutività delle precedenti gravidanze, l’eventuale presenza di complicanze materne e/o fetali, l’esito neonatale. In corso di consulenza preconcezionale dovrà essere, inoltre, valutata l’eventuale terapia medica in atto, modificando, se necessario i farmaci, qualora fossero teratogeni, con prodotti più adeguati alla gravidanza e senza effetti negativi sul feto. In conclusione, è noto a tutti come l’assunzione periconcezionale (almeno un mese prima e per tutto il primo trimestre) di acido folico possa ridurre il rischio di difetti del tubo neurale fino al 50-70%, ed, in minor misura, di altre malformazioni congenite, quali i difetti settali e troncoconali, labiopalatoschisi, uropatie ostruttive, ipo/agenesie degli arti.

ESAMI PRECONCEZIONALI
Per la donna:

  • Anticorpi antieritrociti (test di Coombs indiretto). Si esegue nella donna con gruppo sanguigno Rh negativo per valutare l’eventuale presenza nel sangue di anticorpi antieritrociti, che potrebbero attaccare i globuli rossi del feto in caso questi fosse Rh positivo. Il problema non nasce in genere alla prima gravidanza, perché la donna non fa in tempo a produrre sufficienti anticorpi per danneggiare il feto, a meno che non abbia avuto un precedente aborto o non abbia subito una trasfusione. Rosolia anticorpi (lgG, IgM). Valuta l’immunità nei confronti della rosolia che danneggia il feto quando contratta nei primi 3 / 4 mesi. Se la donna non risulta immunizzata dovrà fare la vaccinazione e rimandare di almeno 3-6 mesi la gravidanza, previo un altro esame di controllo. Toxoplasma anticorpi (lgG,IgM). Citomegalovirus anticorpi (IgG,IgM).
  • Emocromo Hb,GR,GB,HCT,PLT.
  • Elettroforesi dell'emoglobina e ricerca emoglobine anomale (HbS,HbD,HbH ecc) L’esame verifica se la donna è portatrice di un’alterazione della emoglobina, una molecola contenuta nel globulo rosso, che contiene ferro ed è fondamentale per il trasporto dell’ossigeno. Questo esame evidenzia se la donna è portatrice sana o è affetta da anemia mediterranea (talassemia), anemia falciforme o favismo (alterazione dell’Hb frequente in Sardegna). Se la donna risulta essere portatrice, è necessario il controllo incrociato dei due partner. Se entrambi risultassero positivi, c’è il rischio che la malattia si trasmetta al nascituro, quindi la gravidanza dovrà essere monitorata.
  • HbSAg, HCV Esame citologico cervico vaginale (Pap test).

Per l’uomo:

  • Elettroforesi dell'emoglobina e ricerca emoglobine anomale (HbS,HbD,HbH ecc) in caso di donna con fenotipo eterozigote per emoglobinopatie.

Per la coppia:

  • Virus immunodeficienza acquisita (HIV 1-2) anticorpi. Gruppo sanguigno AB0 e Rh (D). Se il fattore Rh della donna è negativo, anche l’uomo dovrà effettuare il test. Se sono entrambi negativi non ci sono problemi. Se il partner è positivo, la donna con Rh negativo, una volta rimasta incinta, dovrà eseguire ogni mese il test di Coombs indiretto per valutare l’eventuale insorgenza di complicazioni conseguenti all'azione degli anticorpi contro il fattore Rh.
    Se la futura mamma appartiene al gruppo O e il partner al gruppo A, B o AB, potrebbe verificarsi una lieve incompatibilità, tra il sangue materno e quello del feto se questi ha ereditato il gruppo sanguigno paterno. In questo caso il bambino andrà seguito con estrema attenzione al momento della nascita, eventualmente mettendolo nella culla termica poichè potrebbe avere un ittero più inteso di quello fisiologico. Treponema pallidum anticorpi : TPHA,VDRL.

ECOGRAFIA TRANSVAGINALE

A COSA SERVE L'ECOGRAFIA TRANSVAGINALE

L'ecografia transvaginale rappresenta oggi il "gold standard" nello studio dell'apparato genitale femminile e permette, grazie all'utilizzo di sonde ad alta frequenza, una visualizzazione ottimale di utero ed ovaie in qualunque tipo di pazienti poiché esse possono essere posizionate a pochissima distanza da tali organi. Non è tra l'altro necessario il riempimento vescicale eliminando così tale discomfort alla quasi totalità delle pazienti.

LE SONDE PER L'ECOGRAFIA TRANSVAGINALE
Le sonde utilizzate per eseguire l'ecografia transvaginale hanno la capacità di visualizzare in maniera ottimale l'utero e le ovaie sia in condizioni di normalità che in caso di patologie e sono in grado di misurazioni estremamente precise e dettagliate. Il fattore obesità inoltre non incide minimamente nella accuratezza di tale tecnica diversamente a quanto può accadere con la sonda addominale. Le sonde transvaginali moderne sono di piccole dimensioni e non causano dolore durante l'esame e non esiste alcuna controindicazione al loro utilizzo compresa la gravidanza iniziale.

ECOGRAFIA TRANSVAGINALE: QUANDO FARLA?
L'esame di ecografia transvaginale, non doloroso, può essere eseguito in qualunque fase del ciclo mestruale ed è in grado di fornirci informazioni estremamente utili sulla anatomia degli organi, sulla loro funzione oltre che su vari processi patologici come fibromi, polipi, malformazioni uterine e su tutte le patologie delle ovaie. Tale approccio diagnostico risulta inoltre estremamente utile nel monitoraggio follicolare per la fecondazione assistita.

ECOGRAFIA 3D E 4D

Il nostro studio ginecologico esegue ecografia 3D e 4D, avvalendosi della più avanzata attrezzatura ecografica per lo studio della gravidanza e delle patologie ginecologiche.

L'ecografo General Electrics Voluson E8 16 bit è uno strumento in grado di offrire immagini volumetriche assolutamente innovative.

ECOGRAFIA 3D E 4D IN GRAVIDANZA

La sonda vaginale per ecografia 4D consente di visualizzare molto precocemente eventuali anomalie fetali, inoltre tale sistema fornisce delle immagini in gravidanza davvero fantastiche e in grado di regalare ai futuri genitori delle emozioni fino a prima assolutamente impensabili.

Dal punto di vista squisitamente tecnico la Sono VCAD migliora il lavoro dell'operatore e permette l'acquisizione semplice ed immediata di immagini fetali che ci permettono una più semplice diagnosi.

ECOGRAFIA 3D E 4D IN GINECOLOGIA

Anche in campo ginecologico la sonda endovaginale 4D permette un più accurato studio delle strutture ginecologiche in particolare per quanto riguarda i miomi, i polipi e le cisti ovariche regalandoci maggiori informazioni sulla loro sede e struttura.

Siamo in grado di fornire una accurata documentazione iconografica di tale studio mediante foto, dvd e raccogliendo le immagini su supporto USB.

AMNIOCENTESI

Per amniocentesi si intende il prelievo di liquido amniotico attraverso un ago molto sottile che si inserisce all'interno dell'utero per via addominale sotto controllo ecografico.

AMNIOCENTESI: QUANDO FARLA E COME SI ESEGUE

L'epoca corretta di esecuzione di tale esame è tra la 15° e la 18 ° settimana di gestazione.

Prima di eseguire il prelievo l'operatore effettua un controllo ecografico attento della gravidanza , andando a valutare la vitalità e la posizione del feto, la quantità di liquido amniotico e la localizzazione della placenta ed in parole povere il punto migliore dove introdurre l'ago per effettuare il prelievo.

Una volta individuata tale zona si procede, sempre sotto controllo ecografico, ad introdurre la punta dell'ago e se ne segue il decorso fino all'interno della cavità amniotica e quindi si procede all'aspirazione di 15-18 cc di liquido amniotico nel quale sono presenti cellule fetali che verranno poi poste in coltura. Il citogenetista otterrà quindi la mappa cromosomica fetale dopo circa 15-20 giorni.

L'esame è praticamente indolore e tutta la procedura ha la durata di circa 1-2 minuti.

I RISCHI DELL'AMNIOCENTESI

Il rischio di aborto in seguito a tale tecnica non supera lo 0,3 % se eseguito da operatori esperti.

In meno dell'1% dei casi si può avere il fallimento della coltura cellulare e sarà quindi necessario ripetere il prelievo di liquido amniotico.

Come prevenzione a partire da un paio di giorni prima dell'esame può essere utile assumere un blando tocolitico o degli antispastici.

E' buona norma inoltre subito dopo l'esame stare due - tre giorni a riposo al proprio domicilio.

Se la gravida è di gruppo negativo dopo l'esame va eseguita immunoprofilassi anti -D.

In caso di gravidanza gemellare il prelievo di liquido amniotico va eseguito in ognuno dei sacchi.

ULTRASCREEN

L'ultrascreen è un test probabilistico di diagnosi prenatale non invasivo, basato sullo studio ecografico del feto e il dosaggio di sostanze presenti nel sangue materno.

Tale esame deve essere eseguito tra la 11° e la 13° settimana.

I VALORI DELL'ULTRASCREEN

La valutazione di specifici valori ci permette di valutare la probabilità che il feto sia affetto da patologie cromosomiche relativamente frequenti come la Sindrome di Down.

Nel sangue materno ad essere dosate sono la free Beta hCG e la PAPP-A, tenendo conto del fatto che in caso di alcune patologie cromosomiche la free beta hCG aumenta mentre la PAPP-A diminuisce.

Dal punta di vista dell'anatomia fetale ad essere valutata è innanzitutto la NT (translucenza nucale) che consiste in una raccolta di liquido presente nella nuca del feto e si può valutare tramite ecografia. Tale raccolta liquida non deve superare il valore di 2.7 mm.

Altri valori fetali che vengono presi in studio sono la lunghezza dell'embrione (CRL) e la presenza dell'osso nasale (NB).

Tutti questi parametri vengono poi inseriti in un software specifico in grado di fornirci il rischio relativo alla gravidanza in atto in particolare per la Sindrome di Down.

È da ricordare che l'ultrascreen è un esame probabilistico e che in caso di rischio aumentato è sempre consigliabile eseguire una diagnosi citogenetica.

FLUSSIMETRIA

La flussimetria materno-fetale è una tecnica che si basa sull'effetto doppler degli ultrasuoni e che ci permette di studiare il benessere fetale intrauterino attraverso lo studio dei vasi materni e fetali.

In particolare si studia l'interazione tra il fascio di ultrasuoni emesso dalla sonda ed un corpo in movimento rappresentato dai globuli rossi all'interno dei vasi, ottenendo importanti informazioni sulla velocità del sangue e sullo stato dei vasi materni e fetali. Ciò ci permette di conoscere con precisione il grado di ossigenazione fetale e di conseguenza di poter valutare se il feto si trova in uno stato di benessere all'interno dell'utero.

I vasi che più frequentemente vengono campionati sono l'arteria ombelicale e l'arteria cerebrale media per quanto riguarda il versante fetale e le arterie uterine per quanto riguarda quello materno.

Lo studio di tali vasi ci può fare riconoscere con buon anticipo la cosiddetta insufficienza placentare che è una delle cause fondamentali del ritardo di accrescimento intrauterino (IUGR) o che in casi estremi può condurre a morte il feto.

Infatti la placenta è quell'organo che assicura il passaggio di nutrienti e di ossigeno tra la madre ed il feto ed un suo cattivo funzionamento può mettere a rischio il benessere e la crescita fetali .

Lo studio della circolazione feto-placentare ci permette quindi di individuare precocemente delle eventuali alterazioni e di differenziare un bambino di basso peso per cause genetiche da uno che non cresce poiché non viene più nutrito correttamente dalla placenta.

Tale informazione risulta preziosissima perché ci indica se far nascere un bambino che soffre all'interno dell'utero salvandogli così la vita.

La flussimetria doppler non è un esame invasivo né pericoloso e può essere ripetuto diverse volte durante la gravidanza senza alcun rischio.

COLPOSCOPIA

La colposcopia è un esame che permette di valutare con attenzione i tessuti che formano i genitali esterni della donna cioè vulva, vagina e collo dell'utero e di individuare e localizzare la presenza di possibili lesioni come condilomi o displasie.

COLPOSCOPIA, HPV E PAPILLOMA VIRUS: QUANDO FARE L'ESAME

La colposcopia è un esame di semplice esecuzione, indolore e non invasivo, della durata di circa 10-15 minuti. Proprio per la sua semplicità e accuratezza nei risultati rientra tra quelli che consigliamo come esami ginecologici di routine.
In particolare è indicato eseguire un esame colposcopico in caso di:

  • risultato anomalo del pap test
  • risultato positivo all'HPV Test
  • sospette lesioni a carico di vagina e vulva individuate durante la visita ginecologica
  • diagnosi, monitoraggio o follow up di infezioni virali causate da Papilloma Virus (HPV)
  • displasie portio uterina

COME SI ESEGUE LA COLPOSCOPIA?

La colposcopia va eseguita al di fuori del periodo del flusso mestruale È necessario inoltre non aver utilizzato lavande, creme vaginali, ovuli o tamponi nei due giorni che precedono l'esame, così come è consigliato non avere rapporti sessuali nello stesso arco di tempo per evitare di alterare i risultati dell'esame.

L'esame viene eseguito tramite il colposcopio, uno strumento ottico che oltre ad illuminare le zone da studiare ne consente l'ingrandimento fino a 60 volte.

L'esame viene eseguito dapprima dopo semplice detersione con soluzione fisiologica e successivamente dopo aver applicato due reagenti: il cosiddetto acido acetico (diluito al 3 o al 5 %) e il LUGOL (soluzione iodo-iodurata). Entrambi i reagenti determinano, sui tessuti da esaminare, delle reazioni che ci permettono di evidenziare eventuali tessuti anomali. Nei casi sospetti viene prelevato parte del tessuto che presenta anomalie (biopsia), rimandando così la diagnosi definitiva all'anatomo-patologo.

Tutte le fasi dell'esame possono essere documentate tramite foto o video e consegnate alla paziente insieme ad accurato referto.

ESAMI IN GRAVIDANZA

Tutti gli esami in gravidanza e i controlli a cui sottoporsi settimana per settimana.

La cardiotocografia è un esame che serve a rilevare il benessere del feto attraverso lo studio del battito cardiaco, l'esame permette inoltre di individuare la presenza di contrazioni e la loro frequenza.

1) 5°-7° settimana

Controllo ecografico per la datazione della gravidanza

Esami di routine con Emogruppo e test di Coombs

Esami per TORCH (Toxoplasma- Rosolia – Citomegalovirus-Herpes) ed altre malattie infettive (Markers epatiti – HIV etc.)

Hb foresi + dosaggio HbA2 (talassemie)

Peso + pressione arteriosa

manca video 22

2) 12° settimana

Controllo ecografico della gravidanza (biometria, BCF,nucal translucency, nasal bone)

Esami di routine

Peso + Pressione arteriosa

Eventuale ultra-screen

3) 15°-17° settimana

Controllo ecografico per controllo gravidanza (biometria, BCF,etc)

Esami di routine

Peso + Pressione arteriosa

Dosaggio alfa-feto proteina plasmatici

Eventuale diagnosi prenatale (amniocentesi)

4) 20° - 22° settimana

Controllo ecografico della gravidanza

Esami di routine

Peso + Pressione arteriosa

Ecografia ostetrica morfo-strutturale

Flussimetria arterie uterine

Eventuale Pap-test (se non eseguito nell’ultimo anno)

Ecocardiografia fetale

5) 27° settimana

Controllo ecografico della gravidanza

Esami di routine

Peso + pressione arteriosa

6)32° settimana

Controllo ecografico della gravidanza

Esami di routine

Peso + pressione arteriosa

Tampone vaginale per ricerca microbiologica (Ricerca Streptococco Agalactiae)

7) dalla 36° settimana al termine

Controllo ecografico della gravidanza

Esami di routine

Peso + pressione arteriosa

Visita clinica ostetrica

Inizio monitoraggio “benessere fetale” (Flussimetria Doppler- Cardiotocografia) con cadenza da definire

In caso di Emogruppo Rh negativo verra’ ripetuto il test di Coombs con cadenza regolare (5-6 settimane) cosi’ come in caso di Toxo-test o Ab-anti CMV negativi.

ECOGRAFIA PRIMO TRIMESTRE

Generalmente viene effettuata tra la quinta e la dodicesima settimana di gravidanza con le seguenti finalità:

1) DATARE con precisione la gravidanza, osservando se la misure corrispondono con precisione a quelle previste sulla base dell'ultima mestruazione . Tale valutazione risulta di notevole importanza al fine di ottenere un riferimento su cui basare il giudizio riguardante la crescita nelle fasi successive

2) Stabilire il NUMERO dei feti  ; in caso di gravidanza gemellare è inoltre possibile valutare il tipo di gemellarità in base al numero delle placente e dei sacchi gestazionali

3) Diagnosticare eventuali DISTACCHI coriali o amnio-coriali ( a volte si possono formare senza alcun sanguinamento esterno) o diagnosticare unABORTO INTERNO (cioè con ritenzione asintomatica del feto), che è molto più frequente dell'aborto con espulsione del materiale non vitale e potrebbe restare misconosciuto per molte settimane

4) Diagnosticare alcune grossolane ANOMALIE FETALI  già potenzialmente riconoscibili a quest'epoca (anencefalia, igroma cistico, difetti degli arti ecc.)

5) Misurare la cosiddetta TRANSLUCENZA NUCALE  (NT), cioe' lo spessore dei tessuti molli che rivestono la nuca del feto e la valutazione della presenza dell'OSSO NASALE ( NASAL BONE)

ECOGRAFIA MORFOLOGICA

L'ecografia morfologica è quella ecografia ostetrica che si esegue tra la 20° e la 22° settimana e nella quale, oltre alle semplici e routinarie misurazioni fetali, viene studiata con particolare accuratezza l'intera morfologia del feto e degli annessi cioè placenta e funicolo. Lo studio accurato degli organi e delle strutture fetali è mirato alla identificazione di eventuali malformazioni il cui riconoscimento è importantissimo per le scelte della coppia. Alla 20° - 22° settimana inoltre il feto è più facilmente studiabile in quanto le sue dimensioni e la quantità di liquido amniotico sono ideali per l'ecografia.

Morfologia
Dopo aver misurato il feto si procede alla valutazione della morfologia e della struttura degli organi fetali.

ECOGRAFIA TERZO MESE E PROFILO BIOFISICO FETALE

L'ecografia del terzo trimestre serve a valutare la crescita fetale, la posizione del feto, il liquido amniotico e la funzione placentare anche con l’ausilio della velocimetria doppler. Viene eseguita solitamente fra 30 e 34 settimane di età gestazionale.

Nelle ecografie del terzo trimestre è anche possibile valutare con l'uso della sonda transvaginale, le condizioni della cervice uterina ed una sua eventuale incompetenza attraverso la sua misurazione e l'esclusione dei fenomeni di " funneling" cioè di protrusione del sacco amniotico attraverso il canale cervicale.

PROFILO BIOFISICO FETALE

Tramite l'ecografia è possibile eseguire una valutazione del benessere fetale, osservando alcuni parametri e attribuendo loro un punteggio da 0 a 2, similmente a quanto avviene con il punteggio di Apgar, subito dopo la nascita.

I parametri considerati sono sei:

Movimenti respiratori fetali. La presenza di movimenti ritmici del diaframma e la visualizzazione del singhiozzo, che si manifesta con un improvviso e ritmico sussulto del bambino, protratto per alcuni minuti, sono un indice di benessere fetale.

Movimenti corporei grossolani. In pratica, più il bambino si muove e meglio è, ma i movimenti validi per questa valutazione devono essere decisi, grossolani (un arto, la testa…). Se il bambino è fermo si può stimolarne il movimento, dando dei leggeri colpetti con la sonda sulla pancia della mamma. Questo parametro può essere rilevato anche direttamente dalla gestante con il cosiddetto "conteggio fino a 10".

Tono fetale. Si basa, soprattutto, sull'osservazione della posizione/atteggiamento degli arti e la vivacità dei movimenti.

Accelerazioni della Frequenza Cardiaca Fetale (FCF). Tramite gli apparecchi ecografici è possibile calcolare la frequenza cardiaca; essa dovrebbe variare da un momento all'altro, e aumentare durante le fasi di movimento. Questo parametro può essere valutato meglio con lacardiotocografia.

AFI (Amniotic Fluid Index). È la determinazione approssimativa del volume del liquido amniotico. Il medico esegue quattro misurazioni delle falde (distanza tra la parete dell'utero e il corpo fetale) di liquido, nei quattro quadranti in cui si può idealmente suddividere l’utero (superiore destro, superiore sinistro, inferiore destro e inferiore sinistro). L'AFI è rappresentato dalla somma in cm delle misurazioni. L'ambito di normalità è da un minimo di 4 a un massimo di 20 cm. L'oligoidramnios (riduzione significativa della quantità di liquido amniotico al di sotto dei 4 cm) può essere un segno iniziale di sofferenza fetale.

Dopplerflussimetria del funicolo. La misurazione di alcuni indici, misurati sul cordone ombelicale, fornisce ulteriori dati sullo stato di salute del feto.

Interpretazione: ottimale: un punteggio maggiore di 10 rassicurante: un punteggio maggiore di 8 di pre-allarme: un punteggio di 6÷7 di allarme: un punteggio inferiore a 5 La determinazione del profilo biofisico fetale può essere utile per rilevare situazioni di sofferenza fetale, sia acuta che cronica, ed è indicata nel caso di gravidanze a rischio o in quelle che vanno oltre il termine fisiologico. Essa è difficilmente applicabile durante il travaglio di parto, quando è preferibile utilizzare il solo monitoraggio cardiotocografico.

Interpretazione tabella sottostante:

  • ottimale: un punteggio maggiore di 10
  • rassicurante: un punteggio maggiore di 8
  • di pre-allarme: un punteggio di 6÷7
  • di allarme: un punteggio inferiore a 5


La determinazione del profilo biofisico fetale può essere utile per rilevare situazioni di sofferenza fetale, sia acuta che cronica, ed è indicata nel caso di gravidanze a rischio o in quelle che vanno oltre il termine fisiologico. Essa è difficilmente applicabile durante il travaglio di parto, quando è preferibile utilizzare il solo monitoraggio cardiotocografico.

Tabella VIII - Punteggio del Profilo Biofisico (da Pasetto 1986)

Punteggio 0 1 2
Movimenti respiratori Assenti Rari Normali
Movimenti Corporei Assenti Rari Normali
Tono fetale Assente Ridotto Normale
Accelerazioni della FCF Assenti Rare Costanti
AFI < 4 cm tra 4 e 8 cm > 8 cm
Dopplerflussimetria Patologica Dubbia Normale

COME SI MODIFICA IL CORPO DURANTE LA GRAVIDANZA

Durante la gravidanza l'organismo materno si prepara ad adattarsi alle esigenze del feto ed al successivo travaglio e parto nonchè all'allattamento. La gravidanza segna una profonda crisi nella donna, un momento di svolta irreversibile nel ciclo vitale femminile ed una trasformazione dell'identità femminile attraverso l'acquisizione e l'integrazione delle funzioni materne.

APPARATO GENITALE
Il volume dell’utero varia da un iniziale dimensione di 7.5 x 5 cm a 35 x 25 cm a termine di gravidanza ed il suo peso varia da 50 grammi a 1000 grammi assumendo una capacita’ circa 500-1000 volte maggiore. I genitali esterni, vulva e vagina, diventano violacei a causa della aumentata vascolarizzazione. E’ presente una secrezione vaginale abbondante detta leucorrea gravidica.

12 settimane di gravidanza. L'utero non è più rivolto verso l'avanti (antiverso) e antiflesso (significa che l'asse del collo forma un angolo di circa 120° verso l'avanti e in basso, con l'asse del corpo adagiato sulla vescica), è uscito dalla pelvi verticalizzandosi, spesso s'inclina e ruota verso destra. L'embrione cresce fino a coinvolgere il polo inferiore dell'utero che assume una forma sempre più globosa. Per via addominale il fondo dell'utero può essere palpato sopra la sinfisi pubica.

20 settimane. A questo punto l'utero ha la forma di una pera e raggiunge il livello dell'ombelico.A mano a mano che l'utero si sviluppa nell'addome, le tube diventano progressivamente più verticali.

30 settimane. Dall'istmo uterino (parte intermedia fra corpo e collo uterino) si sviluppa progressivamente il cosiddetto segmento uterino inferiore. Il segmento uterino inferiore è l'area uterina soprastante l'orifizio interno del collo dell'utero, estendendosi fino al corpo dell'utero. Il segmento uterino superiore, invece, è la porzione che si estende dal segmento uterino inferiore al fondo dell'utero ed è la parte attiva dell'utero perché da qui inizia la forza muscolare della contrazione.

36-38 settimane. L'utero raggiunge il livello dello sterno. Il rilassamento del pavimento pelvico associato ad un buon tono uterino ed alla formazione del segmento uterino inferiore spinge il feto nel polo inferiore dell'utero. Questo fenomeno favorisce la discesa graduale del feto nella pelvi e l'impegno della testa fetale.

SANGUE
Il volume del sangue varia da 5,5 litri prima della gravidanza fino a 7 litri : ciò determina la comparsa della cosiddetta ANEMIA FISIOLOGICA , cioè una diminuzione dei valori ematici di emocromo, ematocrito ed emoglobina( che in realtà aumentano anche essi) non reali ma dovuti in realtà ad una aumentata diluizione del sangue. Quindi la gravida non deve preoccuparsi se i valori dei suoi esami di sangue sono al di sotto di quelli di riferimento dei laboratori poichè tali scale di riferimento non tengono conto dello stato di gravidanza. In ogni caso il limite minimo di emoglobina ( Hb) in gravidanza e’ di 10 gr %. I globuli rossi passano da 4.500.000 / mm3 a 3.700.000 mm3. Il fibrinogeno aumenta da 200-400 mg/dl a 400-600 mg/dl. I globuli bianchi aumentano fino ed oltre 10.500/ mm3.

CUORE
Con l’elevazione del diaframma lentamente l’apice cardiaco si sposta verso l’alto e a destra. Si ha un aumento della frequenza cardiaca fino a 8-16 battiti. La pressione arteriosa in genere diminuisce di circa 10-20 mm/Hg. La gravida al terzo trimestre spesso non riesce a stare con la pancia in alto e ciò è dovuto alla compressione da parte dell’utero dei grossi vasi materni che determina spesso una sensazione di svenimento e sudorazione per calo della pressione arteriosa.

VASODILATAZIONE PERIFERICA
Congestione della mucosa nasale con frequente EPISTASSI. La pressione venosa aumenta nella parte inferiore del corpo con conseguente gonfiore agli arti inferiori, edema, vene varicose ed emorroidi. Per tale motivo la gravida dovrebbe evitare di stare in posizione eretta per molto tempo e cercare di praticare parecchia attività fisica, non utilizzare abiti stretti e tenere le gambe in alto quando si trova in posizione seduta e durante il sonno ed al limite utilizzare anche delle calze elastiche.

APPARATO RESPIRATORIO
Il diaframma si sposta in alto di circa 4 centimetri e la respirazione diventa prettamente toracica con conseguente respiro corto e talvolta lieve dispnea.

APPARATO URINARIO
Si ha un aumento di circa il 50 % dell’attività renale con conseguente maggiore necessità di urinare dovuta anche alla pressione dell’utero gravido sulla vescica ed alla congestione della mucosa vescicale. Si può avere anche una certa incontinenza da sforzo ( cioè ad esempio dopo un colpo di tosse) dovute ad una diminuzione della pressione uretrale ed ad un certo accorciamento dell’uretra stessa che però sparisce spontaneamente dopo il parto.

APPARATO DIGERENTE
Si verifica una tendenza al sanguinamento gengivale dovuta ad una aumentata vascolarizzazione ed all’ipertrofia cioè al gonfiore delle gengive stesse. Spesso è presente il cosiddetto ptialismo cioè una salivazione eccessiva. Quasi in tutte le donne si verificano nausea e vomito nei primi mesi di gestazione. E’ presente una modifica del gusto tale da fare desiderare certi alimenti ed odori e renderne altri indesiderati ed inoltre può comparire una diminuzione del gusto.
La difficoltà nella digestione è dovuta ad una minore produzione di succhi acidi nello stomaco. La pirosi o bruciore all’esofago ed allo stomaco e’ dovuta ad un reflusso di succo acido verso l’alto. Essa può essere risolta tramite:

1) Ingestione di frequenti ma piccole quantita’ di cibo per evitare la sovradistensione dello stomaco

2) La cena dovrebbe essere consumata almeno tre ore prima di andare a letto

3) Evitare i cibi grassi ed il fumo

4) Dormire con due cuscini e con la parte superiore del letto alzata

5) Utilizzare antiacidi come l’idrossido di alluminio

Stitichezza: essa è dovuta ad una diminuzione della motilità intestinale ed a una aumentato riassorbimento dei liquidi con feci poco idratate, supplementazione di ferro.

Trattamento:
1) Dieta ricca di fibre
2) Consumo di latte e aumento della quantità di liquidi da ingerire
3) Diminuizione del consumo di tè e caffè
4) Aumento dell’attività fisica
5) Uso di lassativi a base di lattulosio

MODIFICAZIONI METABOLICHE
1) Aumento di peso ( max 10-12 Kg) ( 6 kg sono materni e 5 Kg tra feto,placenta e liquido amniotico)
2) Tendenza agli edemi per ritenzione di sodio

MODIFICAZIONI MUSCOLO-SCHELETRICHE
1) Aumento della mobilitaà articolare
2) Progressiva lordosi
3) Crampi muscolari

MODIFICAZIONI A CARICO DELLA PELLE
Si ha una vasodilatazione cutanea generalizzata con frequente comparsa di teleangiectasie e di eritema palmare. Aumento della pigmentazione cutanea specie nel viso (cloasma gravidico) e al centro dell’addome al di sotto dell’ombelico (linea nigra). Comparsa di eventuali smagliature ( stria rubra) dovute ad uno stiramento eccessivo della pelle con rottura delle fibre elastiche ed esposizione del sottostante tessuto vascolare sottocutaneo.

MODIFICAZIONI MAMMARIE
Aumento delle dimensioni delle mammelle e della loro vascolarizzazione con possibile dolore (mastodinia). Aumento della pigmentazione a carico di capezzoli ed areole mammarie con possibile comparsa di noduli non pigmentati attorno all’areola detti Tubercoli del Montgomery. Possibile secrezione nel terzo trimestre di un fluido giallastro gelatinoso detto COLOSTRO.

MODIFICAZIONI NEUROLOGICHE

Cefalea (dovuta alla vasodilatazione cerebrale causata dagli ormoni della gravidanza si tratta con analgesici)

Episodi di perdita di coscienza (svenimenti) sono dovuti a cali improvvisi della pressione arteriosa

Insonnia e depressione

Sindrome del tunnel carpale (da compressione del nervo mediano dovuta all’edema)

STILE DI VITA IN GRAVIDANZA

ALIMENTAZIONE IN GRAVIDANZA
La gravidanza è uno dei periodi di maggior richiesta nutrizionale nella vita della donna, ma la diceria popolare secondo la quale la gravida dovrebbe “mangiare per due” non solo non corrisponde alle reali necessità, ma è dannosa.
Solo per alcuni nutrienti il fabbisogno in gravidanza raddoppia, mentre il fabbisogno calorico, in condizioni di normopeso e comune attività fisica, aumenta solo del 15%, attestandosi a 38 calorie / kg / giorno, ovvero intorno alle 2200-2600 calorie. L’incremento di peso ideale da ottenere dall’inizio alla fine della gravidanza si pone intorno agli 11 kg: 600 gr/mese nel I trimestre, 1200 gr/mese nel II trimestre e 1800 gr/mese nel III trimestre. Peraltro bisogna anche considerare se il peso pre-gravidico era nella norma: donne sovrappeso devono aumentare di meno, donne sottopeso possono aumentare di più.
L’incremento ponderale materno non correla con la crescita fetatale o con il suo benessere. In gravidanza una alimentazione eccessiva porta all’obesità e aumenta il rischio di diabete gestazionale, di preeclampsia, di emorragie postparto: di conseguenza aumenta il numero dei tagli cesarei e della morbilità (malattia) e mortalità materno – fetale.

Le principali modificazioni metaboliche nella gravida riguardano gli zuccheri, per la fuga di glucosio al feto, che provoca ipoglicemia a digiuno, e per l’insulino-resistenza, ovvero una riduzione del suo effetto metabolico (che consiste nel far passare il glucosio dal circolo sanguigno all’interno delle cellule), dovuta alla riduzione dei recettori cellulari per questo ormone: l’organismo risponde con un aumento della produzione di insulina da parte del pancreas materno, che provoca iperglicemia dopo i pasti. Se eccessiva, questa ridotta tolleranza agli zuccheri provoca il diabete gestazionale. Quindi la gravida in circolo ha un difetto di zuccheri lontano dai pasti ed un eccesso dopo i pasti: pertanto deve evitare sia il digiuno prolungato, ricorrendo a spuntini, sia pasti abbondanti. Insomma, meglio mangiare spesso, ma poco.
Questo nel primo trimestre è utile anche per combattere l’iperemesi (nausea e vomito): per contenerla occorre anche non bere a digiuno, evitare agrumi, alcool, dolci, caffè e bibite gassate (invece nel III trimestre alcune gravide trovano giovamento nel bere Coca cola). Per la nausea è molto efficace lo zenzero (peraltro gravato da un sapore forte e pungente): ma come per ogni medicina, non si deve esagerare con le dosi, altrimenti risulta nocivo per il feto.

Gli alimenti che sono principalmente responsabili di un eccessivo incremento ponderale e che quindi sono da assumere con moderazione sono quelli con alto indice glicemico, ovvero che fanno salire più rapidamente la glicemia e quindi stimolano maggiormente il rilascio di insulina: pane, pasta (e riso), pizza, patate (le quattro p) e (ovviamente) dolci. Dovendo consumare dei cereali, vanno preferiti quelli integrali (farro, kamut, avena, orzo perlato, soia), e la pasta deve essere "al dente".
Pertanto si dovrà privilegiare il “secondo” rispetto al “primo”: rispetto alla “dieta mediterranea” l’incremento percentuale delle proteine trova giustificazione anche nell’aumentato fabbisogno proteico in gravidanza: 6 gr al dì, per un totale di almeno 60 gr al dì. Inoltre si dovrà mangiare a volontà verdura e frutta (quest’ultima va assunta all’inizio del pasto o meglio come colazione o fuori pasto, ed è obbligatoria per il suo contenuto zuccherino di fruttosio, dato che limitiamo le altre fonti di zuccheri e non dobbiamo fare una dieta "sbilanciata").
Le fibre presenti in verdura e frutta favoriscono anche il buon funzionamento intestinale, solitamente pigro in gravidanza: di particolare efficacia il kiwi, ovviamente a digiuno; è pure molto utile bere due litri d’acqua al dì. La stipsi è solitamente presente in gravidanza, per fattori ormonali, ma può essere aggravata da diete sbilanciate/monotematiche e da stress/depressione: è importante concedersi tempo e ritualità nei pasti, in particolare a colazione, ed evitare uno stile di vita eccessivamente sedentario.

Una sana e corretta alimentazione deve essere varia e seguire la stagionalità e rotazione dei cibi: in tal modo si ottiene il giusto apporto di vitamine e sali minerali e quindi un buon funzionamento dei diversi processi metabolici. Il medico fornirà quelle supplementazioni di vitamine e minerali il cui fabbisogno aumentato in gravidanza risulti non soddisfatto dalla dieta.
Particolare importanza assume la vitamina B9 “acido folico” per la prevenzione nelle prime fasi della gravidanza dei difetti del tubo neurale (spina bifida): bastano 400 microgrammi al dì assunti possibilmente già in fase pre-concezionale, ma sicuramente dal concepimento e per tutto il primo trimestre per ridurne il rischio del 70%. Nel secondo e terzo trimestre invece svolge un ruolo nella prevenzione delle anemie in gravidanza. I folati sono presenti in verdura e frutta.
La vitamina B6 è utile sia per aumentare la percentuale di impianto dell’ovulo fecondato sia per ridurre le nausee del primo trimestre.
Il deficit di ferro porta all’anemia sideropenica, la più frequente alterazione nutrizionale della donna durante la fase riproduttiva e specialmente durante la gravidanza, quando il fabbisogno di ferro è di 25-30mg/die, e un’ alimentazione per quanto corretta ed equilibrata non copre tale fabbisogno. Si è evidenziata una correlazione tra anemia materna sideropenica, peso elevato della placenta e basso peso fetale alla nascita. La gestante con anemia è poi in condizione di maggior rischio di complicanze al parto e puerperio, in particolare nei paesi del terzo mondo, ove anche l’anemia grave non viene diagnosticata e trattata con supplementazioni: l’anemia severa contribuisce o rappresenta da sola il 20-40% delle circa 500.000 morti/anno nel mondo per gravidanza, parto e puerperio. Sono ricchi di ferro le carni rosse ed il vino rosso, i legumi e infine, ma in misura minore, le verdure “verdi” (spinaci compresi).
Il calcio durante la gravidanza ricopre un ruolo fondamentale per lo sviluppo scheletrico del bambino; una carenza di tale minerale crea dei danni alla madre in quanto viene ceduto dalla stessa al feto; il fabbisogno che nella donna è di 800mg al giorno, nella gravida raggiunge i 1200mg al giorno; sono ricchi di calcio tutti i latticini.
Il fluoro assunto in gravidanza nel terzo trimestre riduce il rischio di carie nel bambino.
Una carenza grave di iodio può portare al gozzo tiroideo nella madre ed al "cretinismo congenito" nel figlio, ma ormai in italia questo problema è risolto. Invece può ancora verificarsi una carenza lieve, con diminuzione lieve del quoziente intellettivo e dell'abilità neuromotoria dei bimbi. L’OMS stima che almeno 20 milioni di persone nel mondo abbiano avuto un danno cerebrale da deficit di iodio in gravidanza.
Ma la vera novità nelle integrazioni è la scoperta degli effetti benefici degli acidi grassi poliinsaturi omega 3 a lunga catena sull’esito della gravidanza, DHA ed in misura minore EPA, forniti dal pesce , in particolare quello “azzurro”: possono ridurre il rischio di aborto, di parto pretermine, di preeclampsia, e di basso peso alla nascita. Infine non bisogna trascurare il fabbisogno idrico in gravidanza che per garantire le esigenze gestazionali e fetali passa da 1,5 litri al giorno a 2 al giorno.
L’abuso di alcoolici e di superalcoolici può determinare iposviluppo fetale e danni al feto, mentre un bicchiere di vino o birra ai pasti è consentito. L’uso anche saltuario di droghe anche leggere può comportare seri rischi per il feto e pertanto ne va sempre informato il ginecologo.
Se non si è mai contratta la toxoplasmosi, si dovrà evitare di mangiare carne cruda, compresi gli insaccati crudi (quindi sono consentiti prosciutto cotto e mortadella/bologna, e ovviamente non c’è problema per il pesce crudo), e si dovrà lavare con bicarbonato la verdura cruda (oltre che evitare il contatto coi gatti).

FUMO IN GRAVIDANZA
La percentuale di donne che in Italia fumano durante la gestazione è intorno al 20%. Una parte delle donne italiane (47%) smette di fumare durante la gestazione. Certamente non è sufficiente non fumare in gravidanza. Infatti sono in molti a non rendersi conto che allevare un neonato in una stanza piena di fumo, perché magari entrambi genitori non sanno rinunciare alle loro sigarette, è altrettanto pericoloso. Infatti troppo spesso ci si dimentica che l'effetto indiretto del fumo non è meno dannoso di quello diretto. A questo punto si dovrebbe far distinzione fra effetti acuti del fumo ed effetti cronici. I primi sono essenzialmente legati a modificazioni di carattere cardiovascolare che si manifestano attraverso l'aumento della frequenza cardiaca fetale che insorge immediatamente dopo che la madre ha iniziato a fumare e che si accompagna a una riduzione della variabilità della FCF (frequenza cardiaca fetale). In alcuni casi è stata anche segnalata una diminuzione dei movimenti del feto. Per ciò che attiene agli effetti cronici i figli dei fumatori presentano alla nascita un difetto di crescita. Il rischio di partorire un bambino di peso inferiore ai 2500 grammi sembra essere dose dipendente nel senso che risulta quasi doppio nelle fumatrici di più di 20 sigarette al giorno rispetto a quelle che ne fumano meno di 20. Viene inoltre precisato che il basso peso alla nascita raddoppia come frequenza nelle donne che fumano più di 11 sigarette al giorno rispetto a quelle che non hanno mai fumato. Tale conseguenza sarebbe in parte legata al passaggio transplacentare della nicotina e del monossido di carbonio. La prima responsabile di una riduzione del flusso ematico placentare e quindi di una diminuita crescita del feto, e il secondo di un aumento della carbossiemoglobina fetale con conseguente riduzione della saturazione di ossigeno. Questa ipossia fetale relativa è stata invocata come causa responsabile di eventuali danni a livello del sistema nervoso centrale, le cui cellule, come noto, sono particolarmente sensibili al deficit di ossigeno.

SESSUALITA' IN GRAVIDANZA E PUERPERIO
Gravidanza
Le relazioni sessuali della coppia, durante la gravidanza, assumono una grande importanza dal punto di vista del benessere psicologico. Moltissimi studi sono stati condotti sull'argomento portando alla conclusione che l'attività sessuale in gravidanza, se non esistono problematiche particolari, può essere considerata sicura. Esistono però ancora molti pregiudizi e molte paure infondate (specialmente da parte delle pazienti) che portano ad un approccio negativo nei confronti della sessualità. Le situazioni che controindicano l'attività sessuale in gravidanza sono le condizioni di "gravidanza a rischio" (minaccia d'aborto, perdite ematiche, minaccia di parto pretermine, ecc.). In questi casi l'attività sessuale deve essere evitata. Se invece la gravidanza procede regolarmente e non vi sono particolari problemi, l'attività sessuale può avvenire con l'accortezza di mettere in atto alcuni accorgimenti: la donna non deve provare dolore nè fastidio (il rapporto in questi casi va sospeso), deve quindi scegliere la posizione che le è più congeniale, non si devono esercitare pressioni eccessive sull'addome. La posizione più spesso consigliata dai ginecologi è quella in cui la donna sta sul fianco e l'uomo giace davanti o dietro di lei. Sconsigliabile la posizione in cui la donna "sta sopra" in quanto potrebbe determinare una penetrazione troppo profonda. Durante la gravidanza, specialmente nel secondo e terzo trimestre, la donna potrebbe avvertire un calo del desiderio. Questo fatto non deve spaventare perchè rientra nella normalità; la coppia deve aumentare l'intimità e favorire tenerezze ed effusioni. In alcuni casi, a gravidanza avanzata, l'orgasmo può essere avvertito come contrazione uterina fastidiosa. Se ciò avviene la donna deve stare sdraiata facendola passare. Se il problema persiste o si aggrava la donna deve rivolgersi al suo ginecologo. Anche in tutte le situazioni in cui si verifichi un fatto diverso da quanto previsto (inizio di contrazioni ritmiche, perdite ematiche, dolori, ecc.) la donna deve rivolgersi al suo ginecologo che la saprà consigliare al meglio.

Puerperio
Per quanto riguarda i rapporti sessuali è abitudine non porre alcuna restrizione dopo il primo mese di puerperio. Non è per altro molto frequente che la puerpera provi il desiderio di riprendere i rapporti sessuali a breve distanza dal parto. Il partner deve essere paziente ed assecondare la compagna, che deciderà liberamente, quando riprendere i rapporti. Non deve creare ansie se i primi rapporti provocano "fastidio" (non necessariamente). Gli organi genitali "stressati" dal parto devono ritrovare la loro funzione migliore, cosa che avviene in tempi brevi ma con variazioni da donna a donna. La secchezza vaginale, che è uno dei disturbi che la donna può avvertire, è più accentuata nelle donne che allattano; è comunque uno dei disagi più facilmente correggibili con i consigli del proprio ginecologo. L'orgasmo potrebbe non comparire subito così come ci potrebbe essere un certo calo, temporaneo, della libido: non ci si deve allarmare in quanto, con il tempo, progressivamente anche questi disturbi recedono. Va ricordato infine che non è esclusa in puerperio la possibilità di ovulazione e quindi di restare nuovamente incinte (anche se la donna non ha ancora avuto le prime mestruazioni ed anche se sta allattando). E' necessario quindi parlare con il proprio ginecologo per una eventuale corretta contraccezione.

IGIENE IN GRAVIDANZA

Cosa fare:

  • Doccia o bagno giornaliero (purche’ la temperatura dell’acqua non sia troppo fredda ne’ troppo calda), raccomandati olio bagno-doccia + latte idratante per la cura della pelle
  • Uso di creme elasticizzanti
  • Igiene dentaria (spazzolino e filo interdentale)
  • Cosmesi leggera
  • Uso di rasoio o cerette a freddo
  • Calze elastiche
  • Scarpe comode
  • Creme emollienti alla lanolina per i capezzoli
  • Attività fisica leggera
  • Viaggiare in aereo o treno
  • Viaggiare in auto (fino alla 32 settimana)
  • Rapporti dal 4° all’8° mese

Cosa evitare:

  • Lavande vaginali
  • Tinture e cachets
  • Creme depilatorie o cerette a caldo
  • Rapporti nel 1° trimestre e nel 9° mese
  • Fumo, abuso di alcoolici, droghe

FARMACI IN GRAVIDANZA

Durante il periodo di gestazione è buona norma chiedere sempre consiglio al proprio medico prima di assumere qualsiasi farmaco.

In gravidanza i farmaci dovrebbero essere prescritti solo se i benefici attesi per la madre sono di gran lunga maggiori del rischio a cui si espone il feto. I farmaci, infatti, possono essere dannosi per il feto in qualsiasi periodo della gravidanza:

durante i primi tre mesi di gravidanza (e in modo particolare tra la terza e l’undicesima settimana) l’uso di alcuni farmaci può causare malformazioni congenite (teratogenesi);

nel secondo e terzo trimestre i farmaci possono provocare alterazioni della crescita e dello sviluppo del feto o risultare tossici per il nascituro;

prima del parto o durante il travaglio i farmaci somministrati possono provocare effetti indesiderati sul parto stesso o sul neonato.


Pochi farmaci si sono dimostrati teratogeni nell’uomo, ma nessun farmaco può essere considerato veramente sicuro nelle prime fasi della gravidanza: se possibile, nessun farmaco dovrebbe essere somministrato nel primo trimestre. Se questo si rende necessario, è preferibile usare farmaci da tempo diffusamente utilizzati in gravidanza, quindi generalmente sicuri, rispetto a farmaci nuovi o non valutati.

Il rischio che i farmaci causino malformazioni nell’embrione è molto basso (0,5-1 per cento) rispetto ad altre possibili cause, ma la consapevolezza di questa eventualità ha portato all'introduzione di norme più rigorose per la sperimentazione dei farmaci prima della loro immissione in commercio.

Quasi sempre i foglietti illustrativi delle specialità medicinali riportano la controindicazione all'uso in gravidanza. Nella maggior parte dei casi la controindicazione viene posta per cautela perché il farmaco non possiede una adeguata documentazione sull'impiego in gravidanza.

FARMACI E SOSTANZE CON EFFETTO TERATOGENO
Il numero di farmaci sicuramente teratogeni (cioè che possono provocare malformazioni nel bambino) è molto ristretto. Di seguito viene fornito un elenco:

Ormoni androgeni e progestinici di sintesi derivati dal nortestosterone: possono provocare una mascolinizzazione del feto femmina di grado più o meno grave; analoghi effetti e anomalie del tratto urogenitale possono essere indotti dal danazolo. Nessuna di queste sostanze trova indicazione nella gestante.

Farmaci citostatici, in particolare alcuni antagonisti dell'acido folico (methotrexate, aminopterina). Actinomicina D, adriamicina, colchicina, podofillina, vincristina: hanno un'azione embriotossica ed anche abortigena; alle dosi abituali, però, l'effetto è incostante.

Talidomide, un farmaco ipnotico che è stato responsabile di numerosi casi di morte e di gravi malformazioni del feto (focomelia). Attualmente non è più usato eccetto che nel trattamento di alcune forme di lebbra.

Vitamina A ad alto dosaggio (sola o in associazione multivitaminica) e i suoi analoghi: si sono dimostrati particolarmente pericolosi dal punto di vista teratogeno. Restano nell’organismo a lungo (circa 80-100 giorni) ed è quindi tassativo sospenderne l’uso molti mesi prima del concepimento.

Alcool ad alte dosi: provoca ritardo di crescita intrauterina, sindrome "da astinenza" post-natale, sindrome fetale malformativa da alcool e intossicazione transplacentare acuta. Nella gestante l'alcool etilico non viene più utilizzato a scopo terapeutico (in passato si sfruttava la sua azione in caso di minaccia di parto pre-termine); i danni fetali citati sono collegati solamente con l'assunzione eccessiva e molto prolungata a scopo voluttuario.

TRATTAMENTI FARMACOLOGICI DA TENERE SOTTO CONTROLLO DURANTE LA GRAVIDANZA
Sedativi, tranquillanti ed altri farmaci psicotropi sono farmaci da usare con estrema cautela e sotto guida medica. I più comuni sono:

Le benzodiazepine, ossia i più diffusi farmaci ad azione sedativa, ipnotica e anticonvulsivante. È da evitare l’uso regolare per il rischio di sindrome da astinenza neonatale; sono da utilizzare solo per l’indicazione di controllo delle convulsioni (dosaggi elevati durante l’ultimo periodo della gravidanza possono causare ipotermia neonatale, ipotonia e depressione respiratoria del neonato).

Gli antipsicotici (per esempio fenotiazine e butirrofenoni)mettono a rischio il neonato soprattutto nell’ultimo trimestre della gravidanza.

Gli antidepressivi triciclici e gli inibitori delle monoamino-ossidasi sono sconsigliabili durante la gestazione.

I sali di litio, la cui assunzione va evitatadurante il primo trimestre di gravidanza per il rischio di teratogenicità e anomalie cardiache. In ogni caso anche nei trimestri successivi si consiglia un controllo attento delle concentrazioni di litio nel sangue per il rischio di tossicità nel neonato.

ANTIBIOTICI E FARMACI ANTINFETTIVI
In un'ipotetica graduatoria tra i farmaci utilizzabili in gravidanza, in termini di rapporto tra possibili rischi e benefici, gli antibiotici certamente occuperebbero uno dei posti più favorevoli, nonostante siano stati sovente accusati di provocare danni al feto e al neonato. È in ogni casobuona normausare le opportune cautele ein gravidanza impiegare gli antibiotici più idonei al singolo caso, scelti dal medico sulla base dell'antibiogramma e, quando possibile, rimandare la loro assunzione al termine del primo trimestre. I più comuni sono:

Penicilline naturali, amoxicillina, ampicillina e derivati, le loro associazioni con probenecid, con acido clavulanico e con sulbactam, non hanno segnalazioni di tossicità.

Cefalosporine: valgono le considerazioni fatte per le penicilline. Sebbene questi antibiotici superino con facilità la placenta, non sono conosciuti casi di accumulo pericoloso del farmaco.

Eritrocina, spiramicina e josamicina: sono considerati farmaci ragionevolmente "sicuri" per la somministrazione ad una gestante. Spiramicina e josamicina vengono usate selettivamente per la cura della prima infezione toxoplasmica in gravidanza.

Sulfamidici: l'uso cinquantennale di questi farmaci anche in gravidanza li deve far considerare privi di effetti teratogeni ed esenti da rilevante tossicità; anche il rischio teorico di favorire l'ittero prenatale si è rivelato infondato. Sono sconsigliati soltanto i sulfamidici a lunga emivita plasmatica (cioè che restano a lungo nell’organismo materno prima di essere eliminati).

Metronidazolo: ha un impiego (locale o per via sistemica) più che ventennale in ostetricia, anche se il produttore ne sconsiglia l’uso a dosaggi elevati.

Tetracicline: studi condotti sull’animale hanno evidenziato effetti sullo sviluppo scheletrico durante il primo trimestre di gravidanza; nei trimestri successivi possono causare alterazioni della colorazione dei denti ed epatossicità materna quando somministrate a dosaggi elevati. Il loro uso è perciò sconsigliato in gravidanza.

Cloramfenicolo: va usato con cautela per il rischio, anche se modesto, di anemia aplastica della gestante e sostituito, quando possibile, con farmaci alternativi. Inoltre presenta il rischio di "sindrome grigia" del neonato (una grave sindrome tossica denominata così dal colore grigio della cute dei piccoli pazienti) quando somministrato direttamente al neonato, soprattutto se nato pre-termine.

Aminoglicosidi: possono causare danni ai nervi vestibolare e acustico, soprattutto la streptomicina, mentre è più basso il rischio con gentamicina e tobramicina. Il loro uso è comunque da evitare se non essenziale (se somministrati, controllare regolarmente le concentrazioni nel sangue).

Antimicotici: nistatina, clotrimazolo, miconazolo ecc. possono essere impiegati tranquillamente in gravidanza per uso topico. Tra gli antimicotici per uso sistemico, la griseofulvina è sconsigliata nel primo trimestre (rischio di aborto e di malformazioni), mentre per il fluconazolo, che sembrerebbe privo di rilevanti effetti teratogeni, sono necessarie ulteriori valutazioni più approfondite.

Acyclovir: non ha una lunga sperimentazione perciò non dovrebbe essere usato nel primo trimestre, la sua somministrazione va valutata solo quando i benefici siano maggiori dei rischi.

Chinolonici: sono da evitare, anche perché sono disponibili alternative più sicure.


Per le vaccinazioni si rimanda al medico la scelta.

ALTRI FARMACI
Oltre ai farmaci fino ad ora descritti è bene segnalare:

L’acido acetilsalicilico (aspirina):nell’ultimo trimestre di gravidanza può alterare la funzione piastrinica con rischio di emorragie, ritardare e allungare la durata del travaglio con aumento della perdita di sangue. Da evitare, se possibile, l’uso a dosaggi analgesici nelle ultime settimane (i dosaggi più bassi probabilmente non sono dannosi); con dosaggi elevati si possono osservare chiusura del dotto arterioso in utero e possibile ipertensione polmonare persistente del neonato.

Gli analgesici-antipiretici e antinfiammatori non steroidei: non vengono impiegati in gravidanza perché possono ritardare l'inizio del travaglio e allungarne la durata. Nel neonato possono provocare una rapida chiusura del dotto arterioso di Botallo, con conseguente ipertensione polmonare.

Il paracetamolo non ha avuto segnalazioni di effetti avversi in gravidanza.

CONSERVAZIONE E DONAZIONE DELLE CELLULE DEL SANGUE CORDONALE + MODULO ESPORTAZIONE SANGUE CORDONALE ALL'ESTERO

Conservare o donare?
In Italia non è consentita la conservazione per uso unicamente autologo (personale) del sangue del cordone ombelicale, tranne nei casi in cui sia presente, tra i consanguinei del nascituro, una patologia per la quale è riconosciuto valido l’utilizzo terapeutico delle cellule staminali presenti nel cordone ombelicale. In tale caso si tratta di “donazione dedicata” e le cellule staminali, conservate gratuitamente nelle banche italiane, sono ad esclusiva disposizione del soggetto al quale sono state dedicate in ragione della sua patologia. La conservazione autologa, inoltre, oltre a privare tutti i bambini il cui cordone ombelicale non può essere conservato della possibilità di essere curati, non trova validi riconoscimenti nel mondo scientifico internazionale.

Quando non si può conservare
Contrariamente a quanto si crede inoltre, non è sempre possibile prelevare e conservare il sangue del cordone ombelicale. Esistono infatti tutta una serie di condizioni che lo rendono non idoneo alla conservazione: una gestazione inferiore a 37 settimane, uno stato febbrile della madre, malformazioni congenite nel neonato, stress fetale, malattie batteriche o virali contratte durante la gravidanza o positività sierologica della madre; nel 40 % dei casi inoltre, la quantità di sangue prelevata è scarsa e quindi il quantitativo di cellule presenti è troppo poco per poterne consentire un utilizzo futuro. In media si è visto che il 50-60% delle unità di sangue cordonale non sono idonee ad essere conservate, il che implica che se ogni madre conservasse le staminali per sé una su due non potrebbe usufruire del sangue cordonale per il suo bambino. Per questo motivo la donazione del sangue del cordone ombelicale consente a tutti i bambini di poter utilizzare, se necessario, le cellule staminali donate dalle mamme al momento del parto e conservate nelle banche pubbliche, per curare malattie del sangue e del sistema immunitario, le uniche patologie per le quali vengono utilizzate con successo.

La nuova ordinanza ministeriale
Il Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, in data 26 febbraio 2009, ha emanato una nuova ordinanza, in vigore dal 1 marzo 2009, recante “Disposizioni in materia di conservazione di cellule staminali da sangue del cordone ombelicale”, nella quale si autorizza la conservazione di sangue da cordone ombelicale donato per uso allogenico a fini solidaristici.

Rimane in vigore la possibilità di esportare presso una struttura estera, con la stessa procedura delle precedenti ordinanze. Tale procedura prevede due tappe distinte e non legate tra loro:

La mamma deve effettuare gli esami del sangue per accertare la negatività ai virus dell’epatite B, C all’HIV durante l’ultimo mese di gravidanza. Una volta in possesso del referto, si recherà presso la Direzione sanitaria della struttura ove avverrà il parto e richiederà a quest’ultima la certificazione della negatività dei suddetti esami e “la rispondenza del confezionamento (del kit in cui avverrà la raccolta del sangue cordonale) ai requisiti previsti i materia di spedizione e trasporto di materiali biologici” (Ordinanza Ministeriale del 04-05-2007 e precedenti).

La gestante dovrà ricevere dal Centro Nazionale Trapianti una corretta informazione circa le modalità di raccolta, conservazione ed utilizzo delle cellule staminali di sangue cordonale. Allo scopo dovrà compilare il modulo informativo raccolta autologa (aggiornato al 6 novembre 2009), ricordandosi di autorizzare al trattamento dei dati personali tramite la sottoscrizione dell'informativa sulla privacy riportata in fondo al modulo stesso. Il modulo, compilato in ogni sua parte, dovrà essere inviato via fax al centro nazionale trapianti per ricevere l'attestazione di corretta informazione sulla raccolta ed utilizzo delle cellule staminali di sangue cordonale.

Ottenuti sia la certificazione rilasciata dalla Direzione Sanitaria che il certificato rilasciato dal CNT, tali documenti vanno inviati, con una richiesta di autorizzazione all’esportazione, al Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali tramite posta raccomandata. E’ necessario (nel rispetto dell’ordinanza) che la richiesta di autorizzazione pervenga agli uffici ministeriali almeno tre giorni lavorativi prima della data presunta di partenza bdel campione, cioè della data presunta del parto.

La conservazione in banche private estere
In Italia è consentito ai genitori di esportare all’estero il sangue di cordone ombelicale prelevato al momento della nascita del proprio figlio e conservarlo ad uso personale in tutti quei casi in cui,non volendo o non potendo aderire alla donazione, non esistono le condizioni previste per la donazione dedicata. Spesso però, soprattutto in internet, vengono fornite indicazioni molto generiche sull’utilizzo possibile delle cellule staminali e ciò può generare false speranze su un uso futuro di queste cellule. Le uniche applicazioni delle cellule staminali emopoietiche del sangue del cordone ombelicale sono la terapia di malattie ematologiche ed immunologiche in età pediatrica. Inoltre è importante sapere che i controlli effettuati sulle banche in Italia, secondo i requisiti della Direttiva Europea, danno un’estrema sicurezza sulle procedure di conservazione delle staminali estratte da cordone ombelicale e quindi sulla loro assoluta idoneità ad essere utilizzate in caso di necessità, come anche sulla qualità delle staminali stesse. La conservazione all’estero garantisce solo una sicurezza in più a livello psicologico o di assoluta compatibilità nel caso in cui, in futuro, il nascituro possa averne bisogno, qualora sussistano però le condizioni di utilizzo per cellule conservate in strutture private. Si è comunque visto che, in caso di conservazione autologa (per uso personale), solo in un caso su 30.000 si utilizzeranno nel corso della vita le proprie staminali. Le statistiche dimostrano inoltre che se si dona il sangue del cordone in Italia, e quindi non lo si conserva per sé all’estero, si ha il 97-98% di possibilità di tornare in possesso delle proprie cellule staminali qualora se ne presenti la necessità, questo perché la compatibilità tra il proprio sangue cordonale e quello del bambino è massima e l’utilizzo di queste cellule staminali non è così frequente come si suppone. Nel caso, remoto, in cui quell’unità sia stata utilizzata per un altro bambino, si potrà comunque usufruire di altre unità compatibili presenti in una delle 16 banche italiane. Per questo è importante che le mamme donino: è un atto di generosità e al tempo stesso una (reale) sicurezza per i propri figli.

DOCUMENTI GRAVIDANZA

1) BONUS 2° FIGLIO

Assegno per ogni secondo figlio e incremento del Fondo nazionale per le politiche sociali (Legge 24 novembre 2003, n. 326 art. 21)

Art. 21.
Assegno per ogni secondo figlio e incremento del Fondo nazionale per le politiche sociali
1. Per ogni figlio nato dal 1° dicembre 2003 e fino al 31 dicembre 2004, secondo od ulteriore per ordine di nascita, e, comunque, per ogni figlio adottato nel medesimo periodo, alle donne residenti, cittadine italiane o comunitarie, e' concesso un assegno pari ad euro 1.000.
2. Per le finalità di cui al comma 1, è istituita, nell'ambito dell'INPS, una speciale gestione con una dotazione finanziaria complessiva di 308 milioni di euro.
3. L'assegno è concesso dai comuni. I comuni provvedono ad informare gli interessati invitandoli a certificare il possesso dei requisiti all'atto dell'iscrizione all'anagrafe dei nuovi nati.
4. L'assegno, ferma restando la titolarità in capo ai comuni, è erogato dall'I.N.P.S. sulla base dei dati forniti dai comuni medesimi, secondo modalità da definire nell'ambito dei decreti di cui al comma 5.
5. Con uno o più decreti di natura non regolamentare del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono emanate le necessarie disposizioni per l'attuazione del presente articolo.
6. Per il finanziamento delle politiche in favore delle famiglie il Fondo nazionale per le politiche sociali di cui all'articolo 59, comma 44, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni, e' incrementato di 232 milioni di euro per l'anno 2004.
6-bis. A fini di controllo, il diritto alla deduzione per i figli a carico di cittadini extra-comunitari e' in ogni caso certificato nei riguardi del sostituto di imposta dallo stato di famiglia rilasciato dal comune, se nella relativa anagrafe i figli di tali cittadini sono effettivamente iscritti, ovvero da equivalente documentazione validamente formata nel Paese d'origine, ai sensi della legge ivi vigente, tradotta in italiano ed asseverata come conforme all'originale dal consolato italiano nel Paese di origine.
6-ter. Gli imprenditori artigiani iscritti nei relativi albi provinciali possono avvalersi, in deroga alla normativa previdenziale vigente, di collaborazioni occasionali di parenti entro il terzo grado, aventi anche il titolo di studente, per un periodo complessivo nel corso dell'anno non superiore a novanta giorni. Le collaborazioni suddette devono avere carattere di aiuto, a titolo di obbligazione morale e perciò senza corresponsione di compensi ed essere prestate nel caso di temporanea impossibilità dell'imprenditore artigiano all'espletamento della propria attività lavorativa. è fatto, comunque, obbligo dell'iscrizione all'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali.
7. Per le finalità del presente articolo è autorizzata la spesa di 287 milioni di euro per l'anno 2003 e di 253 milioni di euro per l'anno 2004. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2003-2005, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2003, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

2) ESAMI ESENTI TICKET IN GRAVIDANZA

(G.U. 20/10/1998)
Prestazioni in esenzione entro la 13.ma settimana, e comunque al primo controllo quando indicato dal medico:

- EMOCROMO
- GRUPPO SANGUIGNO
- GOT
- GPT
- ANTICORPI VIRUS ROSOLIA (in caso di IgG negative si può ripetere entro la 17.ma settimana)
- ANTICORPI TOXOPLASMA (in caso di IgG negative ripetere ogni 30/40 giorni fino al parto)
- T.P.H.A
- VDRL -RPR (qualora non eseguito in funzione preconcezionale estendere al partner) - HIV - GLICEMIA
- URINE ESAME CHIMICO FISICO E MICROSCOPICO
- TEST DI COOMBS INDIRETTO (in caso di donne Rh negativo il test deve essere ripetuto ogni mese; in caso di incompatibilità AB0 il test deve essere ripetuto alla 34.ma - 36.ma settimana)

Prestazioni in esenzione tra la 14.ma e la 18.ma settimana

- URINE ESAME CHIMICO FISICO E MICROSCOPICO
- URINOCOLTURA
- ANTIBIOGRAMMA

Prestazioni in esenzione tra la 19.ma e la 23.ma settimana

- URINE ESAME CHIMICO FISICO E MICROSCOPICO
- URINOCOLTURA
- ANTIBIOGRAMMA

Prestazioni in esenzione tra la 24.ma e la 27.ma settimana

- GLICEMIA
- URINE ESAME CHIMICO FISICO E MICROSCOPICO
- URINOCOLTURA
- ANTIBIOGRAMMA

Prestazioni in esenzione tra 28.ma e la 32.ma settimana

- EMOCROMO
- FERRITINA
- URINE ESAME CHIMICO FISICO E MICROSCOPICO
- URINOCOLTURA
- ANTIBIOGRAMMA

Prestazioni in esenzione tra 33.ma e la 37.ma settimana

- ANTIGENE HbsAg
- ANTICORPI HCV
- EMOCROMO
- URINE ESAME CHIMICO FISICO E MICROSCOPICO
- URINOCOLTURA
- ANTIBIOGRAMMA
- HIV

Prestazioni in esenzione tra la 38.ma e la 40.ma settimana

- URINE ESAME CHIMICO FISICO E MICROSCOPICO
- URINOCOLTURA
- ANTIBIOGRAMMA

3) DOMANDA INPS CONGEDO DI MATERNITA'

Lavoratrice Dipendente
- Ha diritto a una indennità per astensione obbligatoria dal lavoro, sostitutiva della retribuzione, per i 2 mesi precedenti la data presunta del parto e per i 3 mesi successivi la data effettiva del parto;
- ha l'opportunità di anticipare i periodi di astensione obbligatoria ante partum e posticipare i periodi di astensione obbligatoria post partum fino alla fine del 7° mese dopo il parto con provvedimento dell'Ispettorato del lavoro;
- ha diritto a sommare, in caso di parto prematuro, al periodo post partum l'ante partum non goduto fino a un massimo di cinque mesi (purché non abbia ripreso l'attività lavorativa e abbia presentato domanda all'INPS entro 30 giorni dal parto). Tale periodo di cinque mesi è riconosciuto anche se il parto prematuro è avvenuto prima dei due mesi della data presunta del parto;
- ha l'opportunità, condizionata dallo stato di salute e dall'ambiente di lavoro (stato di salute e quello dell'ambiente di lavoro deve essere attestato da certificazione medica del S.S.N. e del medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro), di fruire dell'astensione obbligatoria 1 mese prima la data presunta del parto fino a 4 mesi dopo la data effettiva del parto;
- ha diritto all'indennità, nel caso di adozione o affidamento, per i 3 mesi successivi la data di ingresso del bambino nella famiglia purché il bambino stesso non abbia superato i sei anni di età.


La lavoratrice ha diritto all'indennità obbligatoria post partum anche nei casi in cui:

  • il bambino sia nato morto;
  • il bambino sia deceduto successivamente al parto;
  • ci sia stata una interruzione di gravidanza dopo il 180° giorno di gestazione.

In caso di morte o di grave malattia della madre, di abbandono del figlio da parte della stessa o di affidamento esclusivo al padre, l'indennità per astensione dal lavoro (con indennità all'80%) spetta al padre lavoratore dietro presentazione, al datore di lavoro e all'INPS, della certificazione comprovante tali situazioni.

Se l'abbandono avviene durante i tre mesi successivi al parto:

  • alla madre non spetta più l'indennità dal momento dell'abbandono;
  • al padre spetta l'indennità per il restante periodo fino al giorno del compimento del terzo mese di età del bambino.

L'indennità è pari all'80% dell'ultima retribuzione percepita per i giorni di astensione obbligatoria dal lavoro e viene pagata, generalmente, dal datore di lavoro per conto dell'INPS Per le COLF la retribuzione da prendere a base per il calcolo dell'indennità è quella convenzionale.

Viene pagata, invece, direttamente dall'INPS:

alla disoccupata o sospesa dal lavoro che non fruisce del trattamento di integrazione salariale;

alla lavoratrice agricola dipendente.


Lavoratrice autonoma
(coltivatrice diretta, colona mezzadra, artigiana e commerciante) iscritta nei rispettivi elenchi prima del periodo indennizzabile, in regola con il versamento dei contributi.
La lavoratrice ha diritto:

  • ad un periodo indennizzabile di 2 mesi prima e 3 mesi dopo la data del parto (non è richiesta l'astensione obbligatoria dal lavoro);
  • nel caso di adozione o affidamento, all'indennità per i 3 mesi successivi la data di ingresso del bambino nella famiglia purché, il bambino stesso, non abbia superato i sei anni di età;
  • ad un periodo indennizzabile di 30 giorni nel caso di aborto spontaneo o terapeutico verificatosi non prima del terzo mese di gestazione.

L'indennità è pari all'80% delle retribuzioni convenzionali, stabilite anno per anno per legge. L'indennità viene pagata direttamente dall'INPS. Non spetta al padre lavoratore autonomo anche se affidatario o adottivo.

Lavoratrice parasubordinata
(che versa il contributo pari al 14%)
Ha diritto:

  • ad un assegno di parto a condizione che risultino accreditate almeno tre mensilità nei 12 mesi precedenti i due mesi anteriori alla data del parto;
  • ad un assegno di aborto (purché questo sia avvenuto non prima del terzo mese di gravidanza) a condizione che risultino accreditate almeno tre mensilità nei 12 mesi precedenti la data dell'aborto stesso.

La misura dell'assegno varia in riferimento all'anzianità contributiva nei 12 mesi precedenti i due mesi anteriori alla data del parto.

Donne non occupate
L'assegno di maternità diverso dall'indennità di maternità, deve essere richiesto al Comune e viene pagato dall'INPS.

Assegno di maternità dello Stato
Alle mamme lavoratrici precarie residenti in Italia, italiane, comunitarie o extracomunitarie in possesso della carta di soggiorno, con almeno 3 mesi di versamento contributivo nel periodo compreso tra i 18 e i 9 mesi precedenti il parto, o l'effettivo ingresso del bambino in famiglia in caso di adozione, spetta un assegno pari a Euro 1,589,75 (L. 3.078.000) per ogni figlio nato, ovvero adottato o dato in affidamento preadottivo. Nel caso in cui la lavoratrice precaria goda di una prestazione di maternità, concessa dall’Inps o da altri enti, inferiore a Euro 1,589,75 (L. 3.078.000) spetta un assegno corrispondente alla differenza tra la stessa e l'importo di Euro 1,589,75 (L. 3.078.000) suddetto. Tale assegno non deve essere confuso con l’assegno sociale erogato dai comuni che è, invece, erogato senza copertura assicurativa. L’assegno è incompatibile con ogni altro trattamento di maternità di importo pari o superiore a Euro 1,589,75 (L. 3.078.000).
N.B.: La carta di soggiorno non deve essere confusa con il permesso di soggiorno; essa, infatti, viene rilasciata dal questore allo straniero regolarmente soggiornante nel territorio italiano da almeno 6 anni e titolare del permesso di soggiorno.

Tratto da www.inps.it

PARTO NATURALE

Esistono due tipi di parto:

- PARTO VAGINALE (naturale oppure con applicazione di ventosa ostetrica o forcipe)
- PARTO CESAREO (taglio cesareo)

PARTO VAGINALE
Il travaglio di parto o più semplicemente il parto è costituito da un complesso di fenomeni che hanno lo scopo di fare fuoriuscire il feto e i suoi annessi (placenta e membrane amnio-coriali) dal corpo della madre. Il feto in condizioni “normali” si trova nella cavità uterina in situazione longitudinale, con il dorso anterore e la testa in basso (cefalico) e deve percorrere il canale del parto sotto l’ azione delle contrazioni uterine e le spinte volontarie dei muscoli addominali della mamma.

FASI DEL TRAVAGLIO DI PARTO:

Il travaglio di parto si suddivide in 4 periodi:

  • PERIODO PRODROMICO
  • PERIODO DILATANTE
  • PERIODO ESPULSIVO
  • SECONDAMENTO

1. PERIODO PRODROMICO:
Il periodo prodromico è costituito dalla presenza di attività contrattile uterina durante le ultime settimane di gravidanza. Queste contrazioni prodromiche sono irregolari e vengono percepite come fastidiose. La durata del periodo prodromico è molto variabile da ore a giorni, anche in relazione al fatto che sia una prima gravidanza o che si abbia già partorito. Durante il periodo prodromico è frequente perdere il TAPPO MUCOSO. La donna verifica la presenza di perdite vaginali di muco miste a striature di sangue. L’espulsione del tappo mucoso può precedere anche di alcuni giorni l’insorgenza del travaglio e pertanto non è motivo per recarsi in pronto soccorso.

QUANDO RECARSI IN PRONTO SOCCORSO:

  • Presenza di perdite di sangue di discreta quantità
  • Perdita di liquido amniotico dai genitali
  • Percezione di meno di 10 movimenti fetali in 12 ore
  • Contrazioni dolorose e regolari (1 ogni 5 minuti della durata di 45 secondi per almeno 2 ore)

2. PERIODO DILATANTE:
Le contrazioni uterine diventano ritmiche (prima ogni 15-20 minuti, poi si fanno sempre più frequenti fino a ogni 4-5 minuti), di durata crescente (40 sec. circa), e dolorose. Il dolore viene percepito dalla donna al basso ventre e dietro la schiena ed è associato a un indurimento ritmico della pancia.
Questa attività contrattile ha come obiettivi di far raccorciare il collo dell’utero fino a che non diventa appianato, di dilatare il collo dell’ utero fino a 10 cm (dilatazione completa) e di far progredire il feto nel canale del parto. La dilatazione del collo dell’ utero procede ad una velocità di circa 1 cm/h nelle nullipare (donne che non hanno mai partorito) e circa 2 cm/h nelle pluripare (donne che hanno già partorito).

ROTTURA DELLE MEMBRANE:
La rottura del sacco amniotico di solito avviene a dilatazione completa o comunque avanzata, ma può verificarsi spontaneamente anche nelle fasi iniziali del travaglio e talvolta anche fuori travaglio. La donna solitamente riconosce facilmente questa situazione perché improvvisamente si sente bagnata. Se dovesse avere un dubbio può mettere un assorbente e aspettare a vedere se dopo un’ ora sarà intriso di liquido. Quando il sacco amniotico si rompe fuori travaglio, la donna viene ricoverata e si aspetta per 24 ore che sopraggiunga il travaglio: se questo non accade è opportuno indurre medicalmente il travaglio.

ASSISTENZA NEL PERIODO DILATANTE:
ALIMENTAZIONE: la partoriente può assumere piccoli pasti (es: frutta, pane, biscotti, miele) e bere acqua o bevande zuccherate.
POSIZIONE: la posizione è libera. L’ ostetrica può suggerire diverse posizioni che possono aiutare a sopportare il dolore.
MINZIONE: la donna va invitata a urinare spontaneamente ogni due ore circa. E’ buona norma affrontare il periodo espulsivo a vescica vuota.
VISITA OSTETRICA: la visita vaginale viene effettuata ogni due ore circa e viene registrata sul partogramma. Il partogramma è un grafico in cui la dilatazione cervicale espressa in cm e la progressione della testa fetale vengono messe in relazione al tempo in ore. Inoltre sul partogramma vengono registrati tutti gli eventi del travaglio come la rottura delle membrane (spontanea o indotta), il colore del liquido amniotico, l’ uso di farmaci.
MONITORAGGIO DEL BENESSERE FETALE: il monitoraggio del battito cardiaco fetale si effettua mediante cardiotocografia intermittente o continua, a seconda dei fattori di rischio presenti e della fase del travaglio.
PROGRESSIONE DELLA DILATAZIONE: se le contrazioni dell’ utero non dovessero essere valide e pertanto risulti un rallentamento o un arresto della progressione del travaglio è possibile praticare l’ amnioressi (rottura del sacco amniotico da parte del medico) o utilizzare l’ ossitocina ( ormone che provoca le contrazioni uterine). L’ amnioressi consiste nella rottura artificiale delle membrane mediante uno strumento simile a un uncinetto. Si pratica in travaglio, quando è già presente una certa dilatazione del collo dell’ utero. Non essendoci terminazioni nervose nel sacco amniotico, la sua rottura non è dolorosa. Questa procedura facilita la discesa della testa fetale e il rilascio di ossitocina.
Quando si rompono le membrane è importante controllare il colore del liquido amniotico, che di solito è chiaro, quasi trasparente. Se il liquido si presenta “tinto”, di colore verdognolo, può essere indice di uno stato di stress fetale. Una volta che il sacco è rotto, in presenza di un rallentamento del travaglio, si può procedere ad un infusione endovenosa di ossitocina con lo scopo di rendere più efficaci le contrazioni uterine.
LA PARTO-ANALGESIA: l’ analgesia peridurale (o epidurale) consiste nell’iniezione di un farmaco anestetico nello spazio epidurale, tramite un cateterino che l’ anestesista posiziona tra la II e la III vertebra lombare, con lo scopo di controllare in modo efficace il dolore delle contrazioni. L’ analgesia elimina la componente dolorosa delle contrazioni, ma rimane inalterato lo stimolo a spingere durante il periodo espulsivo.
Il cateterino viene lasciato in sede per poter ripetere la somministrazione dei farmaci analgesici. Richiedere l’ analgesia è una scelta della paziente, che deve essere supportata dal parere del ginecologo. Infatti la paziente deve essere in fase attiva di travaglio (almeno 3 cm di dilatazione) e non devono esserci controindicazioni cliniche. E’ necessaria una visita anestesiologica effettuata in gravidanza dove l’anestasista abbia valutato l’idoneità della paziente all’ analgesia e la paziente abbia firmato il consenso informato scritto.

3. PERIODO ESPULSIVO:
Il feto deve attraversare il canale del parto ed essere espulso all’esterno.
Il periodo espulsivo inizia quando la donna ha raggiunto la dilatazione completa e sente la voglia di spingere (premito). La partoriente deve assecondare questo desiderio di spinta contraendo i muscoli addominali. Le contrazioni uterine e le spinte della mamma permettono al feto di percorrere l’ultimo tratto del canale del parto fino a fuoriuscire prima con la testa e poi con le spalle e il resto del corpo.
Durante il periodo espulsivo l’ ostetrica deve valutare se il feto avrà facilità nell’ uscita o se debba essere aiutato praticando un taglietto a livello del perineo (episiotomia) per creare più spazio al suo passaggio.

L’EPISIOTOMIA viene fatta dall’ ostetrica dopo aver raso i peli del perineo (tricotomia) nella sola zona del taglietto e aver infiltrato tali tessuti con un anestetico locale. Esistono due tipi di episiotomia:

MEDIANA: dal bordo inferiore della vagina verso l’ano

PARAMEDIANA: dal bordo inferiore della vagina si dirige lateralmente.

L’episiotomia non viene fatta di routine ma nelle seguenti situazioni:

Se c’è un sospetto di sofferenza fetale che richiede l’accelerazione del parto

Se i tessuti materni non si distendono adeguatamente o lo spazio tra vagina e ano è modesto e c’è timore di lacerazioni profonde.


Peraltro nei casi in cui l’ostetrica decide di non fare l’episiotomia è comunque possibile che il feto, durante la sua fuoriuscita, provochi delle lacerazioni spontanee. Sia l’episiotomia che le lacerazioni spontanee devono essere suturate dal medico, che utilizzerà un filo riassorbibile e pertanto i punti non dovranno essere tolti, ma si scioglieranno da soli dopo 7-10 giorni.

LA VENTOSA OSTETRICA:
Trova indicazione in alcune situazioni come una mancanza di contrazioni uterine efficaci o spinte materne inadeguate, dimensioni della testa fetale al limite con lo spazio del bacino utile al passaggio oppure la necessità di accelerare il parto per la presenza di una iniziale sofferenza fetale. Questa è composta da una coppetta morbida, che viene fatta aderire sulla testa del feto, da una pompa aspirante a da un sistema di trazione. Questo strumento agevola la discesa della testa del feto in modo rapido e senza significativo traumatismo: meglio che in passato, quando si usavano coppette metalliche. Il forcipe invece è uno strumento ancora diffuso nel mondo anglosassone, ma quasi abbandonato in Italia, e pertanto esula dagli scopi di questa trattazione.

ASSISTENZA AL NEONATO ALLA NASCITA:
Quando il bambino nasce l’ostetrica aspira le secrezioni dalla bocca e dalle narici con una canula sterile. Successivamente il neonato viene posto sull’ addome materno per favorire fin da subito il rapporto madre-figlio. Qualora la donna lo desideri può da subito provare ad attaccare il neonato al seno, stimolando così la contrazione dell’ utero e la produzione di latte. Il cordone ombelicale viene reciso appena ha cessato di pulsare.
Alla nascita viene data una prima valutazione clinica del benessere e della vitalità del neonato tramite il punteggio di Apgar. Questo sistema si basa sulla valutazione a 1 minuto e a 5 minuti dalla nascita di 5 parametri:

  • Frequenza cardiaca
  • Attività respiratoria
  • Tono muscolare
  • Riflessi
  • Colorito


Il punteggio per ogni parametro va da 0 a 2, e pertanto lo score totale va da 0 a 10, dove 10 è il punteggio massimo.

4. SECONDAMENTO:
Il secondamento è il periodo in cui avviene l’espulsione della placenta e delle membrane fetali dalla vagina. Il tempo di attesa per il secondamento può variare da 20 minuti a un massimo di un’ora. A differenza del parto del feto, quello della placenta non è doloroso.L’ ostetrica controlla la placenta accuratamente per verificare che non siano rimasti residui nell’utero. Questo si contrae subito dopo, evitando perdite di sangue più importanti.

TAGLIO CESAREO

Il parto cesareo consiste nel far nascere il bambino tramite un’operazione chirurgica. Si tratta di praticare un piccolo taglio (un’incisione) nell’addome e nell’utero in modo da poter estrarre il piccolino dal pancione dalla mamma. Oggi, il taglio cesareo viene eseguito con tecniche sempre più aggiornate, e lasciano solamente delle piccole cicatrici. La degenza in ospedale è di circa 4 giorni, anche se varia da struttura a struttura. Un tempo, il taglio cesareo lasciava una lunga cicatrice verticale che partiva dall’ombelico e terminava al pube. Tra le tecniche per eseguire il taglio cesareo, segnaliamo le più utilizzate.

Tecnica Pfannenstiel
L’incisione del taglio cesareo con la tecnica Pfannenstiel viene fatta in modo orizzontale a circa 10 centimetri sopra il pube. L’operazione dura circa 45 minuti e, nello specifico, si tagliano gli strati addominali e di conseguenza il peritoneo. A questo punto, una volta spostata la vescica, si estrae il neonato dall’utero. Poi, si ricorrerà a ricucire il tutto e a chiudere con suture a piu’ strati.. Dopo circa una settimana, i punti verranno rimossi.

Tecnica Metodo Stark
Con il taglio cesareo praticato con la tecnica del metodo Stark, l’incisione viene fatta sempre nella parte superiore del pube alla distanza però di circa 2 centimetri. Nello specifico, con l’aiuto del bisturi si allargheranno le pareti muscolari e si estrarrà il bebè. L’operazione del taglio cesareo Stark dura circa mezz’ora. Anche in questo caso, si procederà alla chiusura con alcuni punti di seta (che verranno rimossi dopo pochi giorni) ma a differenza del metodo Pfannenstiel, il peritoneo e i muscoli dell’addome non vengono ricuciti, ma lasciati cicatrizzare autonomamente.

CONSIGLI SUL “DOPO CESAREO”
Occorre prestare molta attenzione al taglio cesareo, alla cicatrice vera e propria. Soprattutto durante i primi giorni è consigliabile disinfettare la ferita con una garza sterile e acqua ossigenata. Per almeno un paio di settimane tenete “nascosto” il taglio, sempre con una garza, in modo che non vade a contatto con la pelle. Se si dovessero notare degli arrossamenti, o delle perdite di liquido, avvertire il vostro ginecologo. Infine, è consigliabile procurarvi una guaina che vi permetterà di muovervi più liberamente, soprattutto i primi mesi.

CESAREO D’URGENZA
Come abbiamo già detto, a meno che per diversi motivi, il cesareo non venga programmato durante il periodo della gravidanza, si procede col parto naturale. Tuttavia, durante il travaglio possono sorgere delle complicazioni, per cui si renderà necessario il cesareo. In questi casi, si parla del famoso “cesareo d’urgenza”. I motivi possono riguardare diversi fattori, ad iniziare dalla sofferenza fetale. La donna, durante il travaglio indossa la cintura per il monitoraggio del bimbo, e il ginecologo che l’assiste e/o l’ostetrica possono riscontrare appunto sul monitor che il bimbo sta soffrendo, che il battito cardiaco sta diminuendo. In questo caso, il feto non riceve abbastanza ossigeno per via del cordone ombelicale, che può essere corto, o come può capitare, può attorcigliarsi nel collo del piccolo. Sempre il cordone ombelicale, può inserirsi tra il canale del parto e la testa, e questo impedisce l’afflusso del sangue. Un’altra ragione per cui si ricorre al parto cesareo d’urgenza, riguarda la dilatazione. Se dopo ore e ore di travaglio, il collo dell’utero non si dilata abbastanza, per far strada al feto lungo il canale del parto, il medico ricorrerà al taglio cesareo. Un altro motivo riguarda la placenta, che durante il travaglio può staccarsi della parete uterina, ma può succedere anche prima del travaglio con una perdita abbondante di sangue. Il compito della placenta, durante le settimane di gestazione è quello di far “vivere” il feto trasmettendogli ossigeno e nutrimento. Se si stacca, quindi è molto pericolosa e per questo si ricorrerà al cesareo d’urgenza.

CESAREO PROGRAMMATO
Il taglio cesareo si può tranquillamente programmare con largo anticipo, a seconda dell’andamento della gravidanza. Sarà compito del ginecologo prescrivere il cesareo in anticipo, seguendo passo passo la gestazione. Esistono infatti dei casi in cui il cesareo viene fatto senza possibilità di replica. Un caso è rappresentato dal parto gemellare, anche se vi sono donne che partoriscono due gemelli con il parto naturale. Sarà il ginecologo a valutare se sia necessario o meno, programmare in anticipo il cesareo. Di routine invece, se la posizione della placenta è previa. Significa che si trova nella parte bassa dell’utero, una zona molto “scomoda” che potrebbe portare ad una serie di complicazioni, come ad esempio il distacco della placenta. Attraverso la placenta, il feto riceve l’ossigeno e il nutrimento, e il distacco è molto pericoloso soprattutto per le conseguenze. Il bimbo infatti, soffrirebbe di insufficienza cardiaca. Questo evento può presentarsi anche durante il travaglio di un parto naturale ma se la placenta è previa, il ginecologo programma con un certo anticipo il taglio cesareo. Un altro caso per cui il ginecologo ricorre sicuramente al cesareo, riguarda il bacino stretto della futura mamma. Se il ginecologo ritiene che la larghezza del bacino sia molto stretto rispetto alle misure del bimbo, si incontrerebbero delle notevoli difficoltà durante il travaglio da parto naturale. Parto cesareo “obbligato” se il bimbo non si trova nella posizione giusto ovvero cefalica. In questa posizione, ovvero a testa in giù, salvo complicazioni, si procederà al parto naturale. Il bimbo però può presentarsi podalico, con la testa in su o i piedini giù, rivolto con la faccia, di fianco, insomma tutte posizioni che anticiperebbero sicuramente lunghe ore di travaglio, ma che il ginecologo si muoverà della direzione del cesareo programmato. Di routine il cesareo anche nel caso in cui, durante il periodo di gestazione, il ginecologo conferma il fatto che la crescita del feto avviene in modo piuttosto lento, e per questo in caso di parto naturale, andrebbe incontro a diverse complicazioni, come l’insufficienza cardiaca. Anche i disturbi gravi della futura mamma, vengono presi in considerazione dal ginecologo. Un disturbo è sicuramente la gestosi, non sottovalutando ovviamente problemi legati al diabete e all’ipertensione. Ecco perchè, durante la gravidanza, la donna è chiamata ad effettuare particolari esami che possano trovare riscontro in questi disturbi, oltre ad un controllo periodico della pressione. Un’altra ragione di cesareo programmato può essere rappresentato dall’età della partoriente. Il ginecologo se riterrà opportuno, può direttamente passare al cesareo, se la donna supera i 40 anni di età, e se, soprattutto si trova alla prima esperienza di parto. Il medico valuterà caso per per caso e poi deciderà il da farsi.

ANESTESIE PER IL PARTO CESAREO
Se un tempo l’anestesia generale era la più “gettonata”, oggi tutto è cambiato. Anche la medicina ha fatto i suoi progressi in materia di anestesia, e oltre alla generale, vi è l’anestesia locale, meglio denominata “loco-regionale o periferica”. E’ questo infatti, il tipo di anestesia più usata nell’ambito dei tagli cesarei. E’ consigliabile durante la gravidanza, prendere appuntamento con uno specialista, per farvi consigliare sull’eventuale tipo di anestesia.Vediamo insieme cosa succede durante il piccolo intervento, adottando le diverse tipologie di anestesia.

Anestesia Generale
Si tratta della classica anestesia totale, come dicevamo, oggi non più utilizzata come un tempo, nei tagli cesarei. L’anestesista ricorrerà a questo tipo di anestesia in caso di cesareo d’urgenza, che avviene quindi, quando si vengono a creare delle complicazioni per il bimbo e la mamma. Come sappiamo tutti, l’anestesia generale comporta la totale perdita di coscienza della donna.

Anestesia locale
Se il cesareo viene programmato durante la gravidanza per i motivi che abbiamo spiegato nel paragrafo precedente, si potrà decidere insieme all’anestesista di procedere all’anestesia locale. In questo caso, la donna rimarrà sveglia e cosciente e le verrà anestetizzata solo la parte interessata. Il vantaggio in questo tipo di anestesia è quello che oltre a non sentire alcun dolore, potrà partecipare in ogni sua fase, alla nascita del bebè. Esistono tre tipi di anestesie locali, e sarà lo specialista a spiegarvi in cosa consistono e saprà sicuramente consigliarvi.

Anestesia locale epidurale
La puntura anestetizzante si esegue nella zona peridurale, ovvero nello strato esterno alle tre meningi, che avvolgono il midollo spinale. Questo tipo di anestesia viene fatta quando durante il travaglio naturale sopraggiungono complicazioni come la sofferenza fetale. Ancora, si ricorre all’anestesia epidurale quando la futura donna soffre di problemi legati alla circolazione sanguigna. Le sostanze iniettate nell’epidurale infatti sono più lente rispetto alle altre, ad entrare nell’organismo, ed è consigliata appunto in questi casi.

Anestesia locale spinale
La puntura per praticare l’anestesia locale spinale, viene fatta tra la 2° e la 3° vertebra lombare, oppure tra la 3° e la 4°, ed entra subito nell’organismo. E’ tra le anestesie più utilizzate in quanto vi è la perdita totale degli arti inferiori e sensibilità dell’addome.

Anestesia locale epidurale-spinale
Si tratta di un’anestesia “doppia”. Si procederà prima con quella spinale per il taglio cesareo, e poi dopo la nascita del bebè, si farà l’epidurale proprio come analgesico. Questo binomio combinato ha lo scopo principale di non far accusare dolori forti alla partoriente dopo il taglio cesareo

PUERPERIO

Il puerperio è definito come il periodo di tempo che inizia subito dopo il parto e termina con il ritorno dell’apparato genitale allee condizioni anatomo-funzionali pregravidiche: convenzionalmente si assegna a tale periodo una durata di 6 settimane. Subito dopo l’espulsione della placenta (secondamento), le prime due ore sono definite post-partum per i drastici cambiamenti che le caratterizzano, che segnano il passaggio dell’organismo dallo stato gravidico a quello puerperale. In particolare il corpo uterino riduce drasticamente il suo volume grazie all’attività contrattile della tonaca muscolare, fino ad arrivare sotto la linea immaginaria che passa trasversalmente attraverso l’ombelico (linea ombelicale traversa), formando il cosiddetto globo di sicurezza. Nelle donne alla seconda o successiva gravidanza, l’utero si contrae in modo vigoroso causando dolori anche particolarmente forti, chiamati morsi uterini, che tendono a risolversi attorno alla terza giornata dal parto. Nei giorni successivi, il corpo uterino riduce ulteriormente le sue dimensioni fino a tornare al volume pregravidico entro le 6 settimane dopo il parto. Lo sfaldamento fisiologico delle pareti uterine, che garantisce l’eliminazione dei residui dei tessuti gravidici, prende il nome di lochiazioni, opiù comunemente lochi, le quali hanno una durata molto variabile: normalemente perdurano fino a un mese dopo il parto, assumendo caratteristiche differenti nel tempo. Inizialmente si osservano lochiazioni ematiche per una settimana circa, ed in tale periodo in tale periodo si può fare la doccia, ma non il bagno; successivamente assumono aspetto cremoso per la seconda settimana; infine avranno un aspetto sieroso e quantità notevolmente inferiore per la terza settimana, fino a cessare verso la quarta settimana dal parto. Fondamentale l’igiene intima, che deve utilizzare prodotti detergenti a pH acido e procedere dalla parte anteriore verso la posteriore: se vi è stata una sutura quella parte va poi ben asciugata tamponando; i fili di sutura che non vengono rimossi alla dimissione dall’ospedale si riassorbono da soli; non si devono usare lavande vaginali interne.

Nei primi giorni dopo il parto è frequente una modesta difficoltà nello svuotamento spontaneo della vescica, dovuto al traumatismo che la vescica subisce al passaggio del feto attraverso la pelvi e la vagina: la normale ripresa della minzione viene riacquistata in pochi giorni e il tono vescicale completamente ripristinato in 10-15 giorni. Talvolta è possibile osservare un aumento della diuresi dopo il parto dovuto dall’accumulo di liquidi in gravidanza. Similmente dopo il parto si riscontra stipsi, che può essere trattata come usualmente. Spesso associate anche la congestione delle emorroidi, che traggono giovamento da impacchi con acqua a temperatura ambiente o appena tiepida e pomate specifiche. La parete addominale, sfiancata per la distensione dell’utero gravidico, rimane molle e cedevole per la rottura delle fibre elastiche. La guarigione di tali strutture richiede varie settimane e il recupero può godere dell’ausilio di alcuni semplici esercizi volti a ristabilire il tono muscolare, anche 15-20 giorni dopo il parto. Controindicato l’uso della fascia addominale e delle pancere in genere, perché fornendo un sostegno passivo non favoriscono la ripresa attiva della muscolatura addominale.

E’ consigliabile un riposo intervallato da piccole passeggiate, in quanto si è visto che la ripresa precoce del movimento, seppur in modo blando, riduce notevolmente l’insorgenza di eventi tromboembolici e favorisce la ripresa della funzione vescicale, intestinale e dei muscoli addominali. Riguardo ai rapporti sessuali, non c’è un periodo stabilito dopo il parto durante il quale sia necessario astenersi, ma generalmente non si pongono restrizioni dopo 20 giorni dall’espletamento del parto, ovviamente secondo il desiderio della puerpera. Le prime volte possono essere fastidiosi, sia per l’esito di eventuali episiotomie, sia per la presenza di secchezza vaginale dovuta alle basse concentrazioni di estrogeni: occorre non scoraggiarsi, essere rilassate nella psiche e nella muscolatura, dilungarsi nei preliminari per consentire una buona lubrificazione vaginale o aiutarsi con gel intimi. La prima mestruazione dopo il parto, chiamata anche capo-parto, ricompare generalmente dopo 6-7 settimane dal parto nelle donne che non allattano, dopo 4-6 mesi in quelle che allattano. Per i primi sei mesi non è inusuale riscontrare irregolarità nel ritmo, quantità e durata delle mestruazioni. Nonostante ciò è fondamentale ricordare che il puerperio può essere un periodo fecondo, anche durante l’allattamento al seno: pertanto può essere utile confrontarsi con il ginecologo curante per un’eventuale contraccezione. Se la preferenza va a contraccettivi ormonali, per le donne che non allattano può essere prescritta una pillola estroprogestinica a basso dosaggio dalla seconda settimana dal parto, mentre per le donne che allattano la minipillola al progesterone. La visita ginecologica di controllo si effettua dopo circa 30-40 giorni dal parto.

ALLATTAMENTO

Il latte materno è l’alimento ideale per i neonati, in quanto fornisce le sostanze nutritive diversificate e specifiche per l’età, i fattori immunologici e antibatterici. Vi sono prove che l’alimentazione con il latte materno diminuisca notevolmente l’incidenza e la gravità della dissenteria, delle infezioni delle basse vie respiratorie, dell’otite media, della meningite batterica, delle infezioni dell’apparato urinario e dell’enterocolite necrotizzante. Inoltre, sembra che abbia un effetto protettivo nei confronti del diabete mellito, di malattie digestive e intestinali croniche, di malattie allergiche e che favorisca lo sviluppo cognitivo. L’allattamento al seno contribuisce, inoltre, a creare un rapporto tra mamma e bambino. Già a partire dai primi mesi di gravidanza vi è una modesta attività secretiva mammaria con produzione di un liquido giallastro chiamato colostro. Tale liquido viene prodotto per i primi 3-4 giorni dopo il parto ed è caratterizzato dall’elevato contenuto di proteine e sali minerali e, invece, basso contenuto di lattosio e grassi. Tra il 3°e il 4° giorno dopo il parto inizia la produzione del latte con la montata lattea, caratterizzata da turgore e congestione delle mammelle, aumento della temperatura locale e sensazione di tensione. Fino al 14° giorno, circa, il latte prodotto viene chiamato “latte intermedio” in quanto non possiede ancora le caratteristiche del latte maturo. Il contenuto di proteine e di sali minerali è in diminuzione, mentre aumenta leggermente il contenuto di lipidi. Successivamente, verso il 15° giorno dal parto, inizia la produzione di latte maturo il quale contiene lattosio, proteine specifiche del latte (es: caseine, lattoferrina, etc.) e proteine di origine plasmatica (es: immunoglobuline), grassi, enzimi, ormoni steroidei e minerali.

La secrezione di latte è mantenuta dallo stimolo suzionale grazie ad un meccanismo riflesso che garantisce il rilascio di prolattina, ormone stimolante la ghiandola mammaria. Con la sospensione dello stimolo suzionale si verifica l’arresto della secrezione lattea e l’involuzione del tessuto mammario. La cura della mammella non richiede grande impegno, infatti è sufficiente il regolare lavaggio con acqua e sapone neutro; è, inoltre, raccomandato asciugare accuratamente il capezzolo dopo la poppata. L’allattamento al seno è controindicato in donne che assumono stupefacenti e abusano di alcolici, in quelle con HIV, tubercolosi attiva o non trattata e durante l’assunzione di alcuni farmaci. In ogni caso è consigliato rivolgersi allo specialista, poiché i farmaci passano nel latte quando vengono assunti dalla nutrice, benché le quantità escrete nel latte siano veramente minime. Vi sono casi in cui occorre inibire la montata lattea o sopprimere l’allattamento già in corso, e allora bisogna: se si sta già allattando, svuotare per l’ultima volta il seno; non stimolare più i capezzoli per qualche giorno; usare un reggiseno stretto per 48 ore; seguire una restrizione idrica per 24 ore; su indicazione medica, assumere eventualmente un farmaco che blocchi la produzione di latte.

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